Il Covid ha fermato tutto, anche i progetti di screening contro i tumori. E i tumori si sono 'fatti largo': il cancro del colon retto ha registrato un +8,6% di metastasi durante l'emergenza Covid.
Lo ha accertato uno studio dell'Irccs Policlinico di Sant'Orsola e dell'Università di Bologna, il primo che prova l'aumento di diagnosi avanzate in pazienti trattati durante l'emergenza Covid causa dello stop temporaneo ai progetti di screening. E dice che, senza programmi di prevenzione, si rischia un aumento di circa 4.500 pazienti diagnosticati con metastasi a distanza. "I programmi di screening nazionali e regionali si confermano alleati sui quali puntare sempre di più", tira dunque le somme il Policlinico.Nello studio, pubblicato sulla rivista Jama Network Open, per indagare gli effetti del rallentamento e temporanea sospensione dei programmi di screening durante le fasi più acute dell'emergenza Covid, si sono studiati e comparati dati e risultati oncologici di pazienti sottoposti a chirurgia per cancro colon rettale, sia prima che dopo la pandemia (da gennaio 2018 a dicembre 2021). Ovvero, quasi 18.000 pazienti curati in 81 ospedali italiani.
E così "abbiamo documentato un tasso di tumori colorettali con stadio avanzato significativamente più alto tra i pazienti trattati durante il periodo dell'emergenza Covid-19", racconta Matteo Rottoli, chirurgo dell'unità operativa complessa di chirurgia del tratto alimentare del Sant'Orsola, docente al Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell'Alma Mater e coordinatore del progetto di ricerca. In particolare, c'è stato un aumento dell'8,6% di pazienti affetti da metastasi a distanza, che corrisponde allo stadio del tumore più avanzato.
"Il nostro studio è il primo in letteratura a confermare un rischio che prima era solo stimato".
Lo studio del Policlinico di Bologna, continua Rottoli, "ci impone attenzione perché è verosimile che questo trend si consolidi anche negli anni a venire". I dati, infatti, possono essere contestualizzati considerando che in Italia si stimano ogni anno circa 50.000 nuove diagnosi. Se i risultati dello studio si riflettessero sull'andamento della popolazione generale, ci si potrebbe attendere un aumento di circa 4.500 pazienti diagnosticati con metastasi a distanza. "Una proiezione che conferma la validità dei programmi di screening e la necessità di ampliare la loro pianificazione a quanti più cittadini è possibile. Soprattutto in casi di malattie come il cancro del colon retto, dove il programma di screening consente e ha l'obiettivo di diagnosticare il cancro in uno stadio precoce, oppure quello di rimuovere le lesioni precancerose", evidenziano i ricercatori del Sant'Orsola. In sua assenza la malattia viene diagnosticata solo quando sintomatica, quindi in uno stadio più avanzato.
Tutti i sistemi sanitari del mondo, del resto, sono stati colpiti duramente dall'emergenza Covid dovendo indirizzare le risorse sul trattamento dei pazienti affetti dal virus, e sospendendo gli screening per ragioni di sicurezza, compreso quello del cancro colon rettale. Il quarto rapporto sui ritardi accumulati dai programmi di screening italiani, ad esempio, ha documentato una riduzione del 34,3% (in Emilia-Romagna è solo del -2,6%) degli esami di screening eseguiti tra gennaio 2020 e maggio 2021 rispetto al periodo precedente.
"Le cause di questo importante aumento di casi- conclude Rottoli- si possono cercare, oltre che nella sospensione dei programmi di screening, anche nella riluttanza che molti dei pazienti hanno avuto nel cercare cure mediche durante il periodo di emergenza e nella riduzione delle attività ambulatoriali e chirurgiche". Per quanto riguarda i dati relativi al territorio metropolitano di Bologna, il programma di screening -pur avendo registrato un arresto nei mesi più caldi della pandemia- ha ampiamente recuperato la sua efficacia. Nell'area metropolitana di Bologna, i dati relativi al 2022 dell'Ausl "sono molto incoraggianti: la prevenzione ricomincia a correre". Per il tumore del colon retto, infatti, i dati aziendali mostrano il superamento dell'obiettivo regionale sulla progressione degli inviti: l'Ausl di Bologna ha raggiunto il 99,2% della popolazione da invitare rispetto ad una media regionale del 93,8%.
"Non si registra dunque alcun ritardo di chiamata e, grazie al coinvolgimento delle farmacie anche nel corso dei mesi estivi, tra i tre percorsi di screening è quello che ha risentito in misura minore del ritardo di invito causato dall'emergenza pandemica, raggiungendo una percentuale di adesione allo screening del 55,9% (rispetto alla media regionale pari al 52,2%)", evidenzia il Policlinico. Questi risultati "sono l'esito di una riorganizzazione dei percorsi di screening che, nello specifico, grazie alla convenzione con le farmacie ha consentito di estendere il funzionamento del percorso di screening anche durante i mesi estivi di luglio ed agosto. In passato, questi ultimi mesi erano stati esclusi dall'attività per difficoltà legate alla conservazione del campione con le alte temperature, mentre a seguito di tale riorganizzazione è stato possibile mettere in sicurezza il percorso di consegna del kit e di ritiro del campione attraverso un tracciamento informatico, garantendone la qualità attraverso il mantenimento della catena del freddo".