I pazienti che convivono con i tumori genitourinari sono in aumento e attualmente in Italia se ne registrano circa 1 milione: 500.000 pazienti con tumore della prostata, 144.000 con tumore del rene e circa 300.000 con tumore della vescica.
Diventa quindi imprescindibile migliorare la loro qualità di vita e il loro benessere psico-fisico durante tutto il percorso di cura e questo si può ottenere anche con l’inserimento dell’attività fisica come trattamento non farmacologico complementare.
Una regolare attività fisica, controllata dal proprio medico oncologo, incrementa la capacità aerobica, aumenta la resistenza e la forza fisica, il senso di benessere e l’autostima ed è in grado di contrastare alcuni degli effetti collaterali associati al tumore e ai trattamenti.
È questo il tema principale del webtalk “I benefici dell’attività fisica nei pazienti con tumori genitourinari”, disponibile online da oggi su Oncowellness (www.oncowellness.it), che vede la partecipazione di Claudia Cerulli, Dottore di Ricerca in Attività Fisica e Salute, Università degli Studi di Roma Foro Italico, Gabriella De Benedetta, Dirigente Psicologo presso UOSC Ematologia dell’Istituto Nazionale Tumori e Vice-Presidente SIPO – Società Italiana di Psico-Oncologia, Laura Magenta, Assistente alla Presidenza Associazione PaLiNUro e Daniele Santini, Direttore UOC Oncologia Territoriale, Università La Sapienza – Polo Pontino.
Oncowellness è una piattaforma digitale con trainer certificati, schede di allenamento e video-tutorial che aiuteranno i pazienti nel loro percorso di cura, con un focus specifico su quattro tipologie di tumori: tumori genitourinari, tumore al seno, tumore del polmone e tumori del sangue. Il progetto è promosso da Pfizer insieme a una coalition di esperti che riunisce le competenze di specialisti dell'oncologia, dell'oncoematologia, della psico-oncologia, della riabilitazione oncologica, dell'educazione motoria e trainer certificati e con la collaborazione di AIL – Associazione Italiana contro leucemie, linfomi e mieloma, Europa Donna Italia, IncontraDonna Onlus, Susan G. Komen Italia, PaLiNUro – Pazienti Liberi da Neoplasie Uroteliali e WALCE – Women Against Lung Cancer Europe.
«La terapia integrata può dividersi in fasi. La prima è quella del trattamento del tumore primitivo, quindi è importante istruire il paziente su quelle che sono le possibili complicanze di un’eventuale radioterapia o di un eventuale intervento chirurgico e qui ci sono dei dati che dimostrano come un approccio psicologico, fisico e nutrizionale adeguato possa migliorare enormemente la qualità di vita – spiega
Daniele Santini, Direttore UOC Oncologia Territoriale, Università La Sapienza – Polo Pontino – la seconda fase è quella del trattamento sistemico, come l’ormonoterapia nel tumore della prostata, la chemioterapia nel tumore della vescica, la terapia biologica nel tumore del rene. A seconda del tipo di terapia medica cambia il tipo di effetti collaterali. Preservare la qualità di vita attraverso il mantenimento di una buona attività fisica, una buona alimentazione, e una riduzione di eventuali effetti collaterali quali possono essere la nausea, il vomito, la fatica e l’astenia in questi pazienti diventa assolutamente essenziale».
L’attività fisica ha ripercussioni positive sulla qualità della vita ed è necessario che i pazienti si impegnino costantemente nella pratica di un’attività fisica che sia adatta a loro. «L’attività fisica è consigliata dalle linee guida dell’American Cancer Society e dell’American College of Sport Medicine, in base alle quali sappiamo che non solo può essere eseguita in sicurezza ma addirittura è consigliata sia durante che dopo i trattamenti perché consente di affrontare e sopportare meglio tutti gli effetti collaterali delle terapie e della chirurgia e anche di avere un recupero più veloce – dichiara Claudia Cerulli, Dottore di Ricerca in Attività Fisica e Salute, Università degli Studi di Roma Foro Italico – le indicazioni sono da 150 minuti a 300 minuti di attività aerobica moderata (camminata veloce) alla settimana, oppure da un minimo di 75 a un massimo di 150 minuti a settimana di attività fisica intensa (corsa), alternata due volte a settimana da esercizi di incremento della forza, tutto questo intermezzato da esercizi di stretching e di mobilità articolare».
La diagnosi di un tumore genitourinario per il paziente comporta una serie di emozioni come l’ansia, la paura, la rabbia, il disorientamento ma anche emozioni che vanno dal senso di colpa al senso di solitudine. Si verifica inoltre un cambiamento dell’immagine corporea che è strettamente legata all’immagine di sé come persona. Praticare attività fisica durante il percorso di cura può avere un impatto positivo sul benessere psicologico del paziente. «L’impatto benefico dell’attività fisica per i pazienti avviene a vari livelli: primo, la consapevolezza riguardo al fatto che il tumore non ferma la vita; secondo, l’attività fisica regolare e continuativa aiuta ad alleviare lo stress, a contenere l’ansia, la depressione e a migliorare il sonno. La ragione di questi benefici sta nel fatto che l’attività fisica regolare comporta cambiamenti a livello cerebrale inducendo calma e rilassamento. Le endorfine che vengono rilasciate durante l’esercizio fisico hanno funzione analgesica ed euforizzante e migliorano lo stato dell’umore – illustra Gabriella De Benedetta, Dirigente Psicologo presso UOSC Ematologia dell’Istituto Nazionale Tumori e Vice-Presidente SIPO – Società Italiana di Psico-Oncologia – l’attività fisica aumenta l’energia corporea e quella mentale e tutto questo accresce la capacità della persona di far fronte agli eventi. L’attività fisica aumenta la fiducia in se stessi e l’autostima grazie ai piccoli obiettivi e traguardi che la persona raggiunge giorno dopo giorno. Migliorano anche le funzioni esecutive, la memoria e alla fine migliora la percezione di sé».
«Non esiste un’uniformità per il percorso diagnostico-terapeutico dei pazienti con una neoplasia uroteliale. Sicuramente l’aspetto della riabilitazione è un’area di estrema carenza, ma anche assolutamente necessaria, soprattutto per quei pazienti che hanno subito cistectomia radicale con confezionamento di neovescica ortotopica – afferma Laura Magenta, Assistente alla Presidenza Associazione PaLiNUro – siamo convinti che in Italia manchi una cultura e un approccio sistematico alla riabilitazione e al recupero funzionale del paziente. Quello che vediamo nella maggior parte dei casi è che viene asportato il tumore e poi si abbandona la persona a se stessa. Dal nostro punto di vista c’è la grande necessità di avere un approccio sistematico e più in generale al mantenimento dell’attività fisica durante il percorso clinico, con delle indicazioni precise a seconda delle varie fasi della malattia da dare sia al paziente ma anche al caregiver che guiderà il paziente, particolarmente quello anziano, nell’eseguire l’attività fisica».