"In merito alle epatiti acute a eziologia sconosciuta in età pediatrica siamo in media con quanto succedeva anche gli altri anni". A dare un messaggio tranquillizzante è Giuseppe Indolfi, epatologo del Meyer, professore associato di Pediatria all'Università di Firenze e membro del Gruppo di lavoro sulle epatiti della Società italiana di pediatria (Sip).
In un'intervista pubblicata sul sito della Sip Indolfi spiega che "ad oggi possiamo dire di essere in una situazione piuttosto tranquilla. Quando ad aprile si è cominciata a monitorare la situazione eravamo in un momento di attenzione medica e non sapevamo se si sarebbe potuta trasformare in allarme- precisa- oggi l'impressione generale, sia per l'Italia che per l'Europa, è che questo allarme non ci sia e anche in Inghilterra, da dove tutto è partito, i casi sembrano in riduzione". L'esperto ci tiene a ribadire che questo tipo di epatiti a eziologia sconosciuta non sono nuove "le abbiamo sempre avute- dice- è la variazione epidemiologica che ha determinato un po' di attenzione in più e questa attenzione si deve trasformare in ricerca che ci permetta di capire di cosa stiamo parlando in termini numerici e dal punto di vista dell'eziopatogenesi".
Sulle cause, infatti, ancora non ci sono dati certi ma solo ipotesi. Sospettato numero uno resta l'Adenovirus, non come fattore scatenante delle epatiti ma piuttosto come cofattore. La circolare del Ministero riporta che dei 27 casi italiani 17 sono stati testati per Adenovirus e 8 (47,1%) sono risultati positivi. Dodici sono stati testati con tampone antigenico o molecolare per Sars-CoV-2 e 2 (16,7%) sono risultati positivi. "Stiamo lavorando su tutte le ipotesi- dice Indolfi- anche su quella pubblicata su Lancet Gastroenerology & Hepatology, che è plausibile dal punto di vista concettuale ma da verificare dal punto di vista dei dati quindi al momento è da considerare al pari di tutte le altre ipotesi che sono state fatte". L'idea alla base di questa ipotesi è che la causa possa essere una combinazione di Adenovirus e Sars-CoV-2 ossia che le epatiti possano essere una conseguenza dell'infezione da Adenovirus in bambini precedentemente infettati da Sars-CoV-2 e portatori di 'serbatoi virali'.
"Al momento rimangono valide le stesse ipotesi di un mese fa- continua Indolfi- in particolar modo, stando ai dati più significativi che vengono dall'Inghilterra, la possibile correlazione tra l'infezione da Adenovirus, che normalmente è un'infezione banale, e la condizione di isolamento sociale vissuta in questi due anni di pandemia". A supporto di questo ragionamento c'è l'età dei bambini colpiti, nella maggior parte dei casi sotto ai 5 anni. "L'età non è in linea con quanto siamo abituati a vedere e questo potrebbe supportare l'ipotesi che si tratti di bimbi che dal punto di vista immunologico sono più immaturi oppure più predisposti, rispetto ai bambini più grandi, a sviluppare dei quadri più gravi a seguito di una o due infezioni concomitanti", conclude Indolfi.
Secondo l'ultima circolare del ministero della Salute, che pubblica l'aggiornamento epidemiologico del sistema europeo di sorveglianza (TESSy), ad oggi sono 27 in tutto i casi probabili di epatite acuta a eziologia sconosciuta in età pediatrica riscontrati da gennaio ad oggi in Italia. Di questi 27 casi uno è stato sottoposto a trapianto epatico e 26 (96,3%) sono stati ospedalizzati. "Ulteriori segnalazioni pervenute sono attualmente in corso di verifica", specifica il ministero. La circolare riporta che dei 27 casi italiani il 55,6% riguarda il sesso femminile e la maggior parte dei bambini interessati (16, 59,3%) ha meno di 5 anni.