La prevalenza della variante inglese del coronavirus in Italia, al 18 marzo, è pari a quasi 9 casi su 10.
La stima viene dalla nuova indagine rapida condotta dall'Istituto superiore di sanità e dal ministero della Salute, insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler, secondo la quale, in Italia, al 18 marzo la prevalenza della variante inglese del virus Sars-CoV-2 è dell'86,7% con valori oscillanti tra le singole regioni tra il 63,3% e il 100%. Per quella brasiliana la prevalenza è del 4% (0%-32,0%), mentre le altre monitorate sono sotto lo 0,5%.
L'indagine fa seguito a quelle diffuse nelle scorse settimane, da cui era emersa una maggior trasmissibilità per la variante inglese pari al 37%.
La rilevazione della variante B117 (l'inglese) nella totalità delle Regioni/province autonome che hanno partecipato all'indagine è indicativa di una sua ampia diffusione sul territorio nazionale, si sottolinea. La prevalenza nazionale della variante inglese è passata dal 54% dell'indagine rapida precedente del 18 febbraio all'attuale 86,7%.
"Al fine di contenerne ed attenuarne l’impatto sulla circolazione e sui servizi sanitari - si raccomanda - è essenziale, mantenendo le misure di mitigazione in tutto il Paese, contenere e ridurre la diffusione del virus Sars-CoV-2 mantenendo o riportando rapidamente i valori di Rt sotto 1 e l’incidenza a valori in grado di garantire la possibilità del sistematico tracciamento di tutti i casi".
E ancora: la variante brasiliana ha mantenuto, in Italia, "una prevalenza pari al 4%. Era infatti pari al 4,3% nella precedente indagine del 18 febbraio". Ma se il mese scorso "era stata segnalata in Umbria, Toscana e Lazio", nell’indagine del 18 marzo si trova "anche in Emilia-Romagna". I casi da variante brasiliana sono in diminuzione in Umbria e in aumento, invece, nel Lazio.