L'emergenza covid e le chiusure imposte per evitare la diffusione dei contagi potrebbero spostare in avanti le lancette dell'adolescenza. Piu' che su eventuali lacune scolastiche, infatti, il vero problema da affrontare alla fine della pandemia sara' il loro ritardo nella "crescita emotiva", dovuto alla forte riduzione di relazioni e rapporti personali.
A mettere in guardia e' Paola Bonifacci, psicologa ed esperta di disturbi dell'apprendimento dell'Alma Mater di Bologna, ascoltata giovedi' mattina in commissione Istruzione del Comune. Negli adolescenti, spiega la psicologa, "sono meno preoccupara per l'aspetto tecnico dell'apprendimento. Magari si resta indietro coi programmi, ma queste sono lacune colmabili".
Per i ragazzi, invece, "e' piu' grave questo completo e totale cambiamento delle modalita' di socializzazione e di relazione con gli altri". Pesa ad esempio anche l'assenza del rapporto personale col docente, sottolinea Bonifacci, che "ti guarda negli occhi e ti chiede cosa c'e' che non va". E' su questo che bisognera' concentrarsi, segnala l'esperta, "piu' che sui laboratori per recuperare i programmi". Si parla insomma di "crescita emotiva", spiega la psicologa, che "in adolescenza e' fondamentale".
Il timore e' quindi che gli effetti della pandemia e delle chiusure abbiano "piu' un impatto sulla crescita personale dei ragazzi che non sul loro apprendimento", perche' questo periodo sta togliendo agli adolescenti "le possibilita' di esplorare e cercare il nuovo", tipiche invece di questo periodo della vita. "Su questo sono meno ottimista- afferma Bonifacci- perche' non so quanto durera' questa situazione". E la conseguenza e' che "forse gli adolescenti verranno fuori piu' tardi, facendo magari a 16 anni le cose che di solito si fanno a 14".
vPer questo, sollecita la psicologa dell'Alma Mater di Bologna, "si potrebbe pensare di favorire anche in questa fase qualche forma di aggregazione, in sicurezza e con tutte le cautele del caso. Ma e' importante che i ragazzi si incontrino", anche perche' altrimenti "c'e' il rischio che lo facciano in modo sbagliato". Diverso invece il discorso per i piu' piccoli. "I bambini hanno ottime risorse per far fronte alle difficolta' e per compensarle nel tempo- spiega Bonifacci- possiamo contare quindi sulla loro plasticita' e sulla loro resilienza. Non credo siano i tre o sei mesi di didattica ridotta a creare danni gravi e permanenti. Si puo' recuperare". Semmai, sottolinea l'esperta, la vera domanda e' come farlo.
"Bisogna lavorare sulle condizioni per recuperare quanto si e' perso- sostiene Bonifacci- servono quindi una scuola e una didattica diverse, che tengano conto di cosa hanno passato i bambini". La condizione attuale, conferma la psicologa, danneggia in particolare "chi e' gia' in condizioni di fragilita'" e cosi' "si acuiscono le disparita' sociali". Ad esempio per i bambini di origine straniera. "Se passano troppo tempo senza parlare italiano con i loro compagni di classe o a scuola- segnala l'esperta- si crea un gap significativo, perche' le famiglie non possono aiutare. Su questo occorre dare risposta, le Istituzioni e le scuole devono lavorare insieme. C'e' un buon margine per il recupero, ma bisogna fare in modo che quando finira' questo momento ci siano le risorse e gli strumenti per intervenire in modo adeguato su chi ha perso qualcosa", insiste Bonifacci.