A parità di efficacia, garantisce ai pazienti colpiti da tumore del polmone una migliore qualità di vita grazie a un’ottima tollerabilità. È la chemioterapia metronomica, una strategia che prevede somministrazioni di farmaci orali a basso dosaggio, giornaliere o a cadenza settimanale, senza intervalli.
Al congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO, European Society for Medical Oncology) in corso a Barcellona, questo approccio ha dimostrato un’efficacia (in termini di sopravvivenza e di controllo della malattia) paragonabile alla chemioterapia standard, riducendo nettamente gli effetti collaterali. In uno studio randomizzato di fase II (TEMPO Lung) sono stati coinvolti a livello europeo 165 pazienti colpiti da tumore del polmone non a piccole cellule, mai trattati prima (e non candidabili a chemioterapia a base di platino).
La ricerca ha visto l’Italia in primo piano, con 69 pazienti arruolati. A 83 pazienti la chemioterapia (vinorelbine) è stata somministrata in prima linea secondo il dosaggio standard (60-80 mg/m², una volta a settimana) e 82 sono stati trattati con lo schema metronomico (vinorelbine orale metronomica), dose fissa e frequente (50 mg, 3 volte a settimana). “Nel 2019, in Italia, sono stimati 42.500 nuovi casi di carcinoma del polmone, il terzo più frequente dopo quelli della mammella e del colon-retto – spiega il prof. Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano -. La chemioterapia metronomica ha raddoppiato l’obiettivo primario dello studio, cioè la sopravvivenza libera da progressione senza tossicità di grado 4, pari a 4 mesi rispetto a 2,2 dello schema standard. La chemioterapia metronomica presenta un’elevata tollerabilità e può essere utilizzata per lunghi periodi di tempo. Inoltre, grazie all’impiego di formulazioni orali, il paziente segue la terapia al proprio domicilio e si reca in ospedale solo per controllare gli esami del sangue e ritirare le nuove compresse. Si tratta di un grande vantaggio per i malati, le famiglie e i caregiver, con risparmi per il sistema perché si riducono gli accessi in ospedale”.
Gli altri parametri di attività ed efficacia considerati nello studio erano sovrapponibili: la sopravvivenza libera da progressione mediana (senza considerare anche la tossicità) è risultata di 4,3 mesi nel braccio sperimentale rispetto a 3,9 mesi della chemioterapia standard. E la sopravvivenza globale era, rispettivamente, di 7,1 e 7,6 mesi. Molto importante anche il controllo della malattia, che indica la possibilità di arrestare la crescita del tumore, raggiunto nel 63,9% dei pazienti trattati con la metronomica rispetto al 63,4% con chemioterapia tradizionale. I parametri di sicurezza confermano la migliore tollerabilità della metronomica: gli eventi avversi correlati al trattamento erano pari al 61,4% nel braccio sperimentale rispetto all’84% con chemioterapia standard. Ancor più netta la differenza negli eventi avversi ematologici, in particolare la neutropenia severa che con la metronomica si riduce dal 52% all’11%.
“L’esposizione costante della neoplasia ai farmaci chemioterapici non determina solo una tossicità diretta sulle cellule tumorali, ma anche un effetto sul loro microambiente – conclude il prof. De Marinis -, perché inibisce l’angiogenesi neoplastica, in altre parole il meccanismo di formazione di nuovi vasi sanguigni, responsabile della crescita tumorale e delle metastasi”.