C’è uno storico mito dello sport nella copertina del nuovo numero della prestigiosa rivista scientifica Science Tanslational Medicine: il campione di baseball statunitense Lou Gehrig.
Il primo sportivo della storia ad avere fatto notizia per la tragica morte a causa della SLA (sclerosi laterale amiotrofica). La notizia fece talmente scalpore, e della malattia neurodegenerativa alla fine degli anni Trenta del secolo scorso si sapeva talmente poco, che addirittura prese il suo nome: “malattia di Lou Gehrig”. Questa copertina riassume una storia e sancisce un grande successo della ricerca biomedica italiana: l’avanzamento nella scoperta della cause genetiche della SLA. Passaggio cruciale nella conoscenza della malattia che prelude alle applicazioni terapeutiche. E non solo. I risultati del lavoro appena pubblicato su Science Translational Medicine rappresentano un importante contributo per due malattie neurodegenerative, la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e la Demenza Frontotemporale (FTD), perché preludono ad un possibile approccio terapeutico per i pazienti portatori di mutazione nel gene C9orf72, fornendo un biomarcatore specifico nel liquido cefalo rachidiano, sensibile ed utilizzabile per verificare l’efficacia biologica di un futuro trattamento farmacologico.
La SLA e l’FTD sono oggi considerate un continuum biologico-clinico e la causa più frequente delle forme sia sporadiche che familiari delle due malattie, in Italia come all’ estero, è rappresentata dalla comune mutazione del gene C9orf72 dovuta all’espansione di sei basi ripetute (GGGGCC) nel primo introne del gene.
Nell’ambito di una sinergia collaborativa con diverse Istituzioni statunitensi, l’IRCCS Istituto Auxologico Italiano di Milano – Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti e Centro “Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano con il Prof. Vincenzo Silani, le Dott.sse Antonia Ratti, Cinzia Tiloca, Claudia Morelli, Barbara Poletti, Federica Solca in collaborazione con la U.O.C di Neurologia-Stroke Unit dell’Ospedale Maggiore di Crema diretta dal Dott. Alessandro Prelle, ha largamente contribuito alla ulteriore caratterizzazione del biomarcatore liquorale: il gene C9orf72, infatti, produce proteine dipeptidiche denominate c9RAN (ed il poliGP in particolare) che si accumula in modo specifico solo nei tessuti cerebrali affetti ma anche nel liquido cefalo rachidiano. In una precedente pubblicazione abbiamo infatti dimostrato i dipeptidi poliGP nei pazienti SLA/FTD portatori della mutazione C9orf72 (Su et al., Neuron 2014), iniziando a definire un biomarcatore specifico di patologia legato, appunto, alle forme genetiche C9orf72.
Non è stata però rilevata alcuna significativa associazione con l’età di esordio di malattia, genere (livelli inferiori sono stati rilevati nella donna), progressione di malattia o sopravvivenza: “i valori liquorali di poli(GP) rimangono stabili nel tempo nello stesso paziente sottoposto a diversi prelievi nel corso di 18 mesi, sottolineando ancor più l’importanza di poter utilizzare questo biomarcatore per stabilire l’efficacia di futuri approcci terapeutici specifici per le forme SLA/FTD legate al gene C9orf72”, afferma il Prof. Vincenzo Silani, Professore Ordinario di Neurologia dell’Università degli Studi di Milano e primario di neurologia all’Auxologico di Milano.
La Dott.ssa Ratti, ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, sottolinea che “L’ulteriore contributo dello studio è rappresentato dalla dimostrazione che è possibile misurare le proteine poli(GP) anche in cellule mononucleate ottenute da sangue periferico e in linfoblasti immortalizzati da esse derivati, con il grosso vantaggio di poter quindi determinare il biomarcatore anche nel sangue ed in modalità meno invasiva”.
La dimostrazione ulteriore che il biomarcatore ha potenziale valore anche in campo terapeutico deriva dagli studi in vitro effettuati sia in linfoblasti ottenuti dal sangue periferico che in cellule neuronali differenziate da cellule staminali (iPSCs) di pazienti C9orf72 in cui si osserva, dopo trattamento con oligonucleotidi antisenso specifici, una significativa riduzione della proteina poli(GP) a livello intra ed extra-cellulare. L’efficacia dell’approccio con oligonucleotidi antisenso è stata confermata anche in vivo nel topo trasgenico C9orf72, con riduzione, appunto, dei valori di poli(GP) nei tessuti cerebrali e nel LCR.
“L’importanza del presente contributo scientifico sta nell’ulteriore definizione di un marcatore farmacodinamico della patologia neurodegenerativa sottesa dalla mutazione nel gene C9orf72 che è pleiomorfa, a comprendere la SLA, la FTD ma anche, seppure con incidenza ridotta, la Malattia di Alzheimer, Malattie Extrapiramidali o psichiatriche – continua il Prof. Silani - L’inefficacia terapeutica di varie molecole impiegate finora in studi controllati nella SLA è stata imputata anche alla mancanza di un biomarcatore attendibile che oggi invece si configura, nei casi C9orf72-positivi, non solo per supportare la diagnosi, ma anche per definire i pazienti pre-sintomatici e, soprattutto, per valutare l’eventuale efficacia terapeutica. Gli studi pre-clinici con oligonucleotidi antisenso sono una realtà e, pertanto, presto applicabili anche ai pazienti portatori della mutazione per C9orf72 e del marcatore liquorale descritto”.
Il lavoro ora pubblicato sottolinea ulteriormente la determinazione degli scienziati italiani a perseguire, dopo la definizione delle basi molecolari della SLA e FTD, un approccio terapeutico quanto più personalizzato, giovandosi di una vasta collaborazione internazionale per il conseguimento dell’obbiettivo. L’impegno alla definizione di una terapia per i pazienti affetti da SLA e FTD rappresenta uno degli obbiettivi critici dei ricercatori dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano che sono attivamente impegnati nella definizione dei meccanismi patogenetici delle due malattie in un contesto collaborativo internazionale sia Europeo che Nord-Americano.
La ricerca è stata possibile grazie al contributo del Ministero della Salute (RF-2013-02355764) ed ad un progetto della Comunità Europea (STRENGTH funded by EU Joint Programme Neurodegenerative Disease Research) ma, soprattutto, grazie ai pazienti che hanno contribuito all’arricchimento della banca biologica dell’IRCCS Istituto Auxologico, elargendo spesso anche donazioni per la ricerca.