Dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte della Commissione Europea, arriva proprio alla vigilia dell’ESC anche il parere positivo dell’FDA per Repatha (evolocumab), il primo inibitore del PCSK9 al mondo oggi disponibile per il trattamento dei pazienti affetti da ipercolesterolemia non controllata e che necessitano, quindi, di un’ulteriore riduzione dei livelli di colesterolo LDL (C-LDL).
Un ulteriore riconoscimento che aumenta la già alta attesa per i dati che verranno presentati a Londra, in uno dei più autorevoli congressi a livello scientifico internazionale, con oltre 25.000 delegati e 11.000 abstract sottomessi solo quest’anno. In quella sede, infatti, Amgen porterà una mole importante di dati sia sull’efficacia, sicurezza e tollerabilità del farmaco che sui contorni in termini di diagnosi, target terapeutico ed efficacia del trattamento di una categoria di pazienti ampiamente sotto diagnosticata e non adeguatamente trattata.
Secondo le ultime stime sono circa 1 su 500 le persone affette da FH, delle quali diagnosticate solo l’1%.
In Europa, più del 60% dei pazienti ad alto rischio ancora non riesce a ridurre adeguatamente i livelli di colesterolo LDL con le statine o con le altre terapie fino ad oggi autorizzate. Questa percentuale sale all’80% nei pazienti ad altissimo rischio. Il costo sanitario delle malattie cardiovascolari nella sola Unione Europea è di circa 106 miliardi di euro ogni anno.
“L’approvazione FDA appena ottenuta – ha dichiarato Francesco Di Marco, Presidente ed Amministratore Delegato di Amgen Italia – rappresenta un ulteriore passo in avanti nel cammino di questo farmaco innovativo che può aprire nuove prospettive per la cura della patologia.
In Italia, ogni anno, muoiono circa 300.000 persone per cause legate a fattori cardiovascolari, 34 persone ogni ora.
Ci rendiamo conto che ci sono migliaia di pazienti con patologia grave che non possono aspettare e che, oggi, non hanno altre opzioni terapeutiche. Con senso di responsabilità abbiamo iniziato a interloquire con le autorità regolatorie e con le istituzioni per trovare schemi di accesso, anche in questo caso innovativi, che consentano di mettere il farmaco a disposizione dei pazienti ancora prima che si sia concluso l’iter di rimborsabilità. Non stiamo pensando a un programma di uso compassionevole, ma a un modo nuovo di collaborare con le istituzioni, nazionali e regionali, in maniera costruttiva e rispettosa dei ruoli e delle esigenze, con il comune intento di trovare un modello in grado di coniugare sostenibilità del sistema e accesso alle migliori opzioni terapeutiche per il paziente. Un nuovo modello che speriamo possa diventare realtà a breve”.