“I nuovi test di screening sul sangue materno per verificare le anomalie nel feto non solo non sembrano funzionare ma si sono rivelati pericolosi! Salviamo le vite di quei bambini che erroneamente vengono considerati portatori di cromosomopatie come la Sindrome di Down. Dai primi risultati accertati documentalmente compaiono numerosi falsi positivi che portano le donne all’interruzione di gravidanza”.
A lanciare l’allarme è il Prof. Claudio Giorlandino, ginecologo, presidente della Fondazione ALTAMEDICA per lo studio delle patologie della madre e del feto.
“Prescindendo da tutte le considerazioni scientifiche a favore e contro tali test, sento forte il dovere etico di riferire la mia esperienza che, dopo un primo interesse, è divenuta presto sospetto, preoccupazione ed infine allarme per quel che ho potuto documentare - afferma Giorlandino - Allarme che presento come persona informata dei fatti sia all’opinione pubblica che alle Autorità competenti che volessero prenderne visione”.
“Negli ultimi mesi si sono rivolte a me 8 gestanti che avevano avuto un test positivo per patologia fetale, prevalentemente da un unico centro di genetica dopo essere state sottoposte a questi test di screening - spiega - Ho eseguito in questi 8 casi il test di conferma mediante villocentesi o amniocentesi riscontrando, con crescente sbigottimento che, su questi 8 feti definiti patologici, ADDIRITTURA IN 6 NON VENIVANO CONFERMATE LE PATOLOGIE! Di questi,infatti, 5 sono risultati perfettamente sani ed uno è verosimilmente altrettanto sano, anche se ancora sono in corso verifiche”
“Recentemente, appena ho improvvisamente realizzato che, alcune pazienti, approfittando del fatto che il risultato del test giunge prima dell’epoca prevista come limite temporale per la interruzione volontaria di gravidanza, venivano indirizzate direttamente all’aborto senza neanche cercare la conferma attraverso i test diagnostici, ho sentito forte il dovere morale, etico e deontologico, di allertare le madri su questo rischio concreto – afferma Giorlandino - Se a me, su 8 donne giunte casualmente, circa il 75% avevano avuto un risultato errato, immagino in Italia quante altre volte questo sia avvenuto e quante volte stia avvenendo. Esiste poi , dall’altra parte, l’opposta possibilità che quelle gestanti che si sentono serene per aver avuta una risposta rassicurante da un test che di DNA presenta solo il nome, ma non la certezza, potranno poi avere una sorpresa alla nascita. Questo però è il male eticamente minore”
“Ciò che angoscia e sconcerta - dice Giorlandino - è il solo astratto pensiero che, un test falsamente patologico, senza opportuna conferma, abbia già portato all’aborto un numero imprecisato di poverette male informate.
Per questo motivo invito vivamente tutte le gestanti che hanno avuto un risultato patologico a seguito della esecuzione di tali test, a mettersi immediatamente in contatto con il sito della Fondazione ALTAMEDICA ( www.fondazionealtamedica.it ) che provvederà, GRATUITAMENTE ed IMMEDIATAMENTE a far eseguire, a Roma o a Milano, le villocentesi o amniocentesi necessarie a scongiurare il gravissimo rischio di abortire volontariamente figli assolutamente normali”.
Perché questi test sono pericolosi?
“Il DNA libero circolante nel sangue materno non è di origine fetale, ma placentare – spiega il Prof Giorlandino - La placenta, durante le fasi della sua formazione, libera nel sangue materno una certa quantità di DNA di scarto e questo viene captato come se fosse l'espressione genetica del feto. D'altra parte, la metodica dei test non potendo distinguere sull'origine del DNA può fornire anche falsi negativi qualora non rilevi il DNA che si vuole ricercare. In tali casi il test spesso non chiarisce se il DNA ricercato sia stato in effetti analizzato. In questi casi il test viene negativo non perché il feto non in effetti portatore di una anomalia, ma solo perché in quel momento, e in quel dato campione, non vi è una quota opportuna di DNA placentare . Inoltre va detto che i test sicuri sono sempre e solo amniocentesi e villocentesi che, tra l’altro, non presentano più i rischi che si ritenevano negli anni ’80”.