Prescrizione corretta e cura adeguata: potrebbero sembrare due sinonimi, ma in realtà definiscono aspetti ben diversi tra loro dell’intervento medico, secondo appropriatezza.
“Pochi anni fa sono chiaramente emersi, da alcuni dei maggiori studi scientifici sul diabete – UKPDS, ACCORD, ADVANCE e altri –, gli enormi vantaggi di una cura precoce, e intensa, della malattia. Intervenendo adeguatamente sin dal suo primo manifestarsi è possibile ridurre l’insorgenza delle complicanze a lungo termine, specialmente cardiovascolari; trattare in maniera rigorosa il diabete con almeno 5 anni di anticipo può diminuire queste ultime di oltre il 40%, secondo i dati dello studio STENO-2”, ha detto Antonio Ceriello, Presidente AMD. Che ha poi spiegato come AMD abbia dato il via nel 2009 al Progetto ‘Subito!’, con lo scopo di promuovere un cambiamento culturale oltre che clinico nell’approccio alla cura del diabete, fondato sul principio che la strada giusta non è far scendere la glicemia quando si è già assestata su valori scadenti, ma migliorare il compenso metabolico della persona con diabete, cioè riportarne i valori della glicemia alla normalità, intervenendo intensivamente sin dall’esordio della malattia o comunque alla sua diagnosi. “Tuttavia - ha quindi ricordato Ceriello - trattare subito è utile, ma insufficiente, se non fatto in modo appropriato. NICE, il progetto AMD per l’appropriatezza in diabetologia, è la naturale prosecuzione di Subito!. Ma è anche un progetto che potremmo definire pilota nei modelli di cura delle malattie croniche, delle quali il diabete rappresenta un chiaro paradigma, come riconosciuto anche dall’Unione Europea che lo ha scelto ad esempio di come affrontare altre malattie come quelle cardiovascolari o la broncopneumopatia cronica ostruttiva", ha aggiunto.
“Il diabete è caratterizzato da numeri grandi e crescenti, è necessario agire secondo equità e sostenibilità in modo da garantire l’accesso a cure di qualità per tutti” ha sintetizzato Nicoletta Musacchio, Vicepresidente AMD. Secondo la Federazione internazionale del diabete (IDF) nel 2000 in Italia c’erano 3,125 milioni di persone con diabete, stimate oggi in 3,626 milioni e nel 2035 in 4,354 milioni, con un crescita in 35 anni di quasi il 40%. La spesa per la cura del diabete nel nostro Paese, calcolata in circa 11 miliardi di euro, deriva per il 57% dai ricoveri ospedalieri legati alle complicanze della malattia, per il 29% dai farmaci antidiabetici e per la cura di condizioni concomitanti come ipertensione o ipercolesterolemia e per il 14% dalle prestazioni specialistiche (fonte: Osservatorio ARNO Diabete, Rapporto 2011). “Ma ciò che preoccupa già oggi - ha ricordato Musacchio -, se prendiamo ad esempio i dati dei consumi sanitari di Regione Lombardia, è che il 27,5% della popolazione costituita da malati cronici, 1 su 5 dei quali con diabete, assorbe da solo circa il 70% dei costi della sanità.”
Nel nostro Paese il livello dell’assistenza alle persone con diabete è buono, probabilmente sopra la media: lo dimostrano i dati del Rapporto Annali AMD, che valuta la qualità delle cure prestate nei centri di diabetologia nel nostro Paese basandosi su un campione che ha raggiunto nel 2012 i 320 centri (il 50% di quelli presenti sul territorio nazionale) e 550.000 persone con diabete (1 su 5 del totale nazionale). “E’ stato creato, da AMD in collaborazione con la Fondazione Mario Negri Sud, e validato internazionalmente, un indice oggettivo per misurare la performance dei centri di diabetologia: lo ‘score Q’ (Q per qualità, NdR). Valuta l’efficienza delle cure e dell’assistenza prestate, e conseguentemente l’efficacia nel prevenire le complicanze tipiche del diabete, dall’infarto, all’ictus, ai disturbi della vascolarizzazione, alla mortalità”, ha spiegato Ceriello. “Tra il 2004 e il 2011 lo score Q per la cura del diabete tipo 2 nei centri italiani è cresciuto dal 21,4 al 24,7, considerando che 25 è la soglia che identifica la qualità delle cure attese, oltre 25 indica una situazione migliore dello standard, tra 25 e 15 cresce il rischio di complicanze della malattia sino a +20%, a meno di 15 il rischio cresce all’80%” ha aggiunto.
“Gli stessi Annali AMD ci dicono tuttavia che molto si può e si deve ancora fare per una maggiore appropriatezza delle cure - ha proseguito Ceriello. Ad esempio, dagli Annali AMD emerge che oltre il 55% delle persone con diabete in cura nel nostro Paese ha ancora valori di emoglobina glicosilata (HbA1c, il parametro che determina il livello di controllo del diabete) superiori a quanto indicato dalle principali linee guida, cioè 7%. E questo non possiamo dire sia appropriato, ancorché molto migliore di quanto accada in Paesi come gli USA in cui NIH (l’Istituto di sanità del governo americano) e NCQA (National Committee for Quality Assurance) riportano come le persone con diabete abbiano HbA1c superiore all’8% in percentuali tra il 40 e il 50%, cosa che in Italia accade nel 27,2% dei casi, e addirittura oltre al 9,5% in percentuali dal 20 al 30%. Non è appropriato, ad esempio, che 1 anziano di oltre 75 anni con diabete su 3, nonostante valori di HbA1c a target, sia in cura con farmaci come le sulfaniluree, che riducono sì i valori glicemici, ma con elevato rischio di ipoglicemia e delle sue conseguenze”, ha detto ancora Ceriello.
“Le crisi ipoglicemiche influiscono in maniera significativa sulla qualità di vita degli anziani e si sospetta che una percentuale elevata di fratture del femore in queste persone sia riconducibile a episodi di ipoglicemia. La cura per il diabete destinata a queste persone deve tenere conto dell’età e della loro fragilità, garantendo insieme all’efficacia, la tollerabilità e la compliance ossia il fatto che la persona prenda o sia in grado di prendere i farmaci e di seguire i consigli dietetici e di stile di vita. In buona sostanza, non solo una cura adeguata, ma una cura giusta” ha detto Musacchio.
E la cura giusta, secondo il modello di appropriatezza d’intervento AMD, che attraverso il progetto NICE si vuole implementare e condividere con tutte le parti coinvolte, dalle Direzioni sanitarie, agli altri specialisti e operatori sanitari, ai medici di medicina generale e alle persone con diabete e loro associazioni, si fonda su alcuni imprescindibili caposaldi, che sono stati ricordati da Roberta Assaloni, Coordinatrice del neonato Gruppo Appropriatezza AMD, costituito per dare consistenza e coerenza ai diversi interventi formativi e informativi e al lavoro di tutta la struttura associativa. “Innazitutto, fenotipizzazione ossia tracciare il profilo della persona, identificando bisogni reali e fragilità complessive, quindi personalizzazione degli obiettivi di compenso glicemico, valutando età, presenza di complicanze, comorbilità e appunto di fragilità – ha detto Assaloni. Infine personalizzazione della terapia tenendo conto di profilo metabolico, stile di vita, caratteristiche individuali e contesto assistenziale, tollerabilità dei farmaci e ottimizzando il rapporto rischi/benefici, l’utilizzo delle risorse e dei farmaci, dei presidi e degli strumenti tecnologicamente innovativi, con occhio attento a sostenibilità, relazione in termini di partecipazione attiva e responsabile con la persona, relazione con il medico di medicina generale.”
“Per gestione appropriata del diabete AMD intende gestione personalizzata del diabete, in cui grande importanza hanno i percorsi di prescrizione strutturata. A partire dal consolidato algoritmo AMD per la terapia personalizzata del diabete sviluppato nel 2011, e che ha dato origine all’analogo sviluppato lo scorso anno dall’IDF, saranno realizzati strumenti che facilitino la cura appropriata e giusta, da condividere con chiunque sia coinvolto nel processo di assistenza e trattamento della persona con diabete,” ha concluso Ceriello.