I sintomi sono vaghi, ma fastidiosi: dolori o gonfiori addominali, stanchezza, difficoltà di concentrazione. Così si pensa a un'intolleranza alimentare e ci si imbarca in una serie di esami che spesso non hanno validità scientifica o possono perfino portare a conseguenze molto serie se eseguiti senza le necessarie cautele, come è successo pochi giorni fa alle tre vittime del “caso sorbitolo” che è costato la vita a una ventinovenne.
Moltissimi incolpano i cibi dei loro disturbi e secondo le stime dell'Associazione Italiana Celiachia (AIC) sono circa un milione gli italiani che si sono convinti di soffrire di una ipersensibilità al glutine e ogni anno spendono circa 35 milioni di euro di prodotti senza glutine non necessari “Il beneficio di questi alimenti rispetto ai sintomi o alla cosiddetta “falsa celiachia” spesso auto diagnosticata è discutibile” sostiene la Presidente AIC, Elisabetta Tosi, “Inoltre questa moda del momento può diventare pericolosa: sottoponendosi a una dieta di esclusione fai da te c'è infatti il rischio di non diagnosticare adeguatamente casi di vera celiachia.” E c'è pure una consistente fetta di popolazione che acquista i prodotti senza glutine, molto più cari di quelli normali, perché li ritiene erroneamente più sani o dimagranti: lo hanno ricordato gli esperti durante il Congresso Internazionale “Le Nuove Frontiere della Celiachia: un Aggiornamento dalla Ricerca di Base a quella Clinica” organizzato dall'AIC, a Firenze dal 29 al 31 marzo, durante il quale si è fatto il punto sulle attuali, reali conoscenze sulla sensibilità al glutine.. “Il business della falsa celiachia ha iniziato a diffondersi quando, circa un anno fa, uno studio italo-americano ha rivelato l'esistenza di una forma di sensibilità al glutine diversa dalla celiachia, che è però ancora tutta da studiare e verificare – spiega Adriano Pucci, Presidente della Fondazione Celiachia - Si tratta in sostanza di una sindrome che provoca sintomi simili a quelli della celiachia, come dolori o gonfiori addominali, ma senza che siano presenti segni oggettivi riscontrabili di malattia. Ma la reale incidenza nonché le caratteristiche della sindrome sono tutte da verificare, perciò è opportuno che non si instauri una “moda” e si stia alla larga dal sensazionalismo” .
“L’errata convinzione che la dieta senza glutine sia benefica per tutti porta all'idea che la stessa celiachia sia una condizione alimentare scelta dal consumatore – osserva Tosi -. Anche l’Europa sta mettendo in dubbio che la celiachia meriti una regolamentazione specifica, tentando di smantellare la normativa che garantisce la sicurezza dei prodotti senza glutine dalla fine degli anni ’70. In Italia la dieta senza glutine dei celiaci è sostenuta dal Sistema Sanitario Nazionale perché la celiachia è una vera e propria malattia che, senza una stretta dieta senza glutine, può avere serie conseguenze sulla salute che vanno dal malassorbimento di nutrienti essenziali all'infertilità, dalle malattie autoimmuni all'osteoporosi. Celiachia e sensibilità al glutine sono perciò due entità ben diverse e la seconda in ogni caso non sembra essere associata ad alcuno dei gravi effetti della celiachia. Soprattutto, chi si sottopone alla dieta di esclusione senza controllo medico va incontro a rischi elevati perché ad esempio salta i necessari accertamenti diagnostici per verificare l’esistenza della vera celiachia. Poiché questa nuova malattia si basa solo sulle sensazioni del paziente è necessario che ad occuparsene siano gli specialisti e non i pazienti stessi che, pensando di mettersi al riparo, comprano alimenti senza glutine alimentando un business ormai milionario”, conclude Tosi.