La ricerca in ‘rosa’ si sta facendo strada: in un solo anno il numero delle donne nella lista dei 50 migliori ricercatori italiani al mondo è raddoppiato ma ancora c’è molto da fare per valorizzare le donne che decidono di dedicare la vita alla ricerca restando in Italia e producendo anche ricchezza economica per il Paese, in termini di brevetti.
I 16 brevetti ‘rosa’, poi, hanno sviluppato un valore economico pari a 74 milioni di euro come valore attuale e tra venti anni la cifra salirà a 173 milioni di euro. E’ quanto emerge da uno studio dell’Istituto per la Competitività (I-Com) presentato oggi dalla Fondazione Lilly in occasione dell’evento annuale nell’ambito dell’iniziativa “La Ricerca in Italia: un’Idea per il Futuro” durante il quale la Fondazione premia con una borsa di studio del valore di 360 mila euro il progetto di un giovane ricercatore affinché continui a lavorare presso un centro italiano: la borsa di studio, assegnata con una metodologia assolutamente meritocratica, andrà per il terzo anno di seguito ad una ricercatrice per il suo progetto selezionato da centri di eccellenza stranieri attraverso un sistema totalmente basato sulla peer review. “Dal monitoraggio della lista dei Top Italian Researchers abbiamo osservato che nel giro di un solo anno, tra il 2010 e il 2011 – afferma Concetto Vasta, Direttore Generale Fondazione Lilly – il numero delle ricercatrici è raddoppiato passando da 2 a 4. I numeri mostrano che quest’ambito professionale è ancora saldamente nelle mani degli uomini ma l’aumento della presenza femminile è un segnale importante, al quale anche la Fondazione Lilly contribuisce con la sua borsa di ricerca annuale, uno strumento che ha l’obiettivo di alimentare la ricerca in Italia, contrastando il fenomeno della fuga dei cervelli”. Il prossimo 30 novembre la Fondazione Lilly, insieme alla Fondazione Cariplo, assegnerà la borsa di ricerca nella terza edizione del Premio “La Ricerca in Italia: un’Idea per il Futuro”, sul tema “Nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer”. Il progetto vincitore è di Chiara Cerami, 32 anni palermitana, assegnista di ricerca e consulente Neurologo presso l’Università Vita-Salute e Istituto Scientifico San Raffaele di Milano.
“In questo momento è molto difficile fare ricerca in Italia – afferma Chiara Cerami – . Ma, più di ogni altra cosa, è difficile trovare la propria strada, un percorso che ti permetta di sviluppare un tuo progetto, perché anche nella ricerca medica la vera soddisfazione sta nel perseguire la propria idea fino a dargli concretezza. Ho deciso di rimanere in Italia perché volevo contribuire allo sviluppo della ricerca nel mio Paese e perché ho avuto la fortuna di trovare un centro di eccellenza, il San Raffaele ma nei momenti di difficoltà e incertezza che hanno segnato il mio percorso ho spesso pensato di andare all’estero”. La ricercatrice siciliana studierà l’Alzheimer in pazienti affetti da declino cognitivo lieve e soggetti portatori asintomatici di mutazioni genetiche note per questa malattia e li confronterà con persone con Alzheimer conclamato. Per la prima volta, valuterà insieme i due aspetti alla base della patologia: l’infiammazione e la degenerazione. Il secondo aspetto innovativo del progetto riguarda la diagnosi precoce. La ricercatrice cercherà le alterazioni presenti nei portatori della malattia anni prima che si manifesti, attraverso l’uso di nuovi marcatori di diagnosi in fase di sviluppo, arrestando in anticipo la degenerazione neurocognitiva. La Fondazione Lilly, oltre alla borsa di studio per il progetto di ricerca più valido, assegna anche tre premi di entità minore alle tre migliori pubblicazioni scientifiche degli ultimi 5 anni sul tema "nuovi biomarcatori per le patologie neoplastiche: tumori solidi"; anche i tre premi per le pubblicazioni assegnati quest’anno sono vinti da sole donne. La prima, 32 anni, originaria di Roma, lavora a Rotterdam. La seconda, 34 anni di Ancona, vive e lavora negli USA. La terza, 35 anni originaria del Venezuela, ha un contratto triennale presso il centro di Aviano. Nel corso delle tre edizioni del premio alla ricerca della Fondazione Lilly sono state premiate giovani donne provenienti prevalentemente dal Sud Italia, impegnate in diversi ambiti della ricerca medica. Nel 2009, la borsa di studio è stata assegnata ad Anna Leonardini, 34 anni di Monopoli, in provincia di Bari, figlia di un maresciallo della Guardia di Finanza e di un’insegnante di inglese, che sta lavorando presso l’università del capoluogo pugliese sui meccanismi che regolano la rigenerazione del cuore nei pazienti diabetici. Lo studio è partito isolando cellule progenitrici cardiache (quelle che si riproducono e si differenziano). Per la prima volta è stato osservato come si comportano in situazioni di “stress”, tipiche dei pazienti diabetici e come reagiscono ai nuovi farmaci incretinici. La Dott.ssa Leonardini ha scoperto che questa nuova categoria di farmaci è in grado di proteggere le cellule progenitrici cardiache favorendone la sopravvivenza e preservando, di conseguenza, il processo rigenerativo altrimenti compromesso. Nei prossimi due anni di ricerca la Dottoressa Leonardini studierà come gli effetti delle incretine scoperti possano essere tradotti in benefici cardiovascolari per pazienti sia diabetici che non diabetici. Nel corso degli ultimi due anni, il progetto è stato presentato in occasione dei più prestigiosi congressi nazionali e internazionali di diabetologia. Nel 2010, la Fondazione Lilly ha premiato Tiziana Vavalà, 30 anni di Catanzaro, del Dipartimento di Pneumologia Oncologica (SCDU) dell’Azienda Ospedaliero Universitaria S. Luigi Gonzaga di Orbassano - Università di Torino. Tiziana ha finalizzato i suoi studi in oncologia medica, una specializzazione che le consente di “curare il malato, accompagnando la sua famiglia, mentre si affronta la sfida per lo sviluppo di farmaci anti tumorali sempre più efficaci e meno tossici – afferma – . Il malato oncologico è quello che più di tutti ha bisogno di un approccio globale: professionale, psicologico e perfino di supporto al suo nucleo familiare. Il ruolo del medico è totalizzante”. Il progetto di ricerca su cui sta lavorando la dott.ssa Vavalà ha l’obiettivo di trasferire, per la prima volta, i dati di farmacogenomica dalla ricerca alla pratica clinica puntando alla “personalizzazione” della terapia per il tumore polmone sul singolo malato, in particolare nella popolazione anziana, dove le possibilità di cura sono limitate e non esistono studi di farmacogenomica specifici.