Intervista a Eugenio Del Toma, Professore Associato di Nutrizione Clinica presso l’Università Campus Biomedico di Roma.
Professore, cosa rende il latte così importante nella dieta?
“La completezza dei nutrienti! Senza parlare del latte materno, che è un sistema biologico selezionatosi nei millenni e quindi in grado di garantire le maggiori probabilità di sopravvivenza della specie umana, il latte vaccino ha tali pregi da poter essere considerato in pratica l’integratore naturale delle diete carenti e squilibrate. L’unico neo della sua composizione bromatologica è semmai la modesta presenza di ferro biodisponibile e di zinco”.
Le caratteristiche nutrizionali del latte e dei suoi derivati ne suggeriscono l'assunzione in tutte le fasi della vita? Esistono dei periodi più importanti?
“Senza entrare nella realtà pediatrica, dove esistono specifiche controindicazioni all’introduzione del latte vaccino prima del dodicesimo mese, per tutte le altre fasce di età il latte ha qualità adeguate, anche in base ai moderni trattamenti tecnologici che lo rendono utilizzabile da tutti, con la rara ma grave eccezione di chi è allergico alla specifica frazione proteica o come misura prudenziale nei casi di vera carenza enzimatica di lattasi. Ad esempio, se per un ragazzo molto attivo il latte intero è ottimale, per un adulto sedentario sarà preferibile il latte parzialmente scremato o quello delattosato quando sia dimostrata una lieve carenza di lattasi (impropriamente chiamata “intolleranza”)”.
Come inserirlo al meglio nella dieta quotidiana sulla base delle diverse fasce di età e/o di genere?
Ripeto che per il latte, specie se parzialmente scremato, l’unico problema può essere quello digestivo, ma i gastroenterologi sanno che almeno la metà di coloro che affermano di essere intolleranti al latte non risultano tali al controllo del “breath test” o “test del respiro”. Purtroppo, per non avviare i presunti intolleranti a una prova da carico che impegna almeno tre ore di rilevamenti, è frequente formulare il sospetto di “intolleranza al latte” o di colon irritabile con il conseguente invito a sospendere latte e latticini o –erroneamente- anche i formaggi stagionati nei quali il lattosio è stato scomposto enzimaticamente nella lunga conservazione.
Quale è allora il ruolo di latte, latticini e formaggi in un regime alimentare sano ed equilibrato?
“Non c’è bisogno di riferimenti letterari sul sodalizio che ha sempre legato l’uomo al latte e ai derivati: dallo yogurt ai formaggi stagionati. Bisogna ridimensionare, invece, l’esagerato timore dell’uomo moderno e sedentario per la componente grassa dei cibi; una vera e propria “lipofobia”. Il consumo eccessivo di grassi saturi può tramutarsi in un “fattore di rischio” cardiovascolare, ma non va dimenticato che la carenza di particolari grassi (detti appunto “essenziali”) si riflette negativamente sulla formazione di derivati biologicamente attivi e protettivi. Le raccomandazioni dell’OMS e delle principali Società scientifiche internazionali consigliano di assumere una quota giornaliera di grassi non superiore al 30% delle calorie totali (cioè fino a 60-65 g/die, ovvero 540-585 calorie, per un consumo medio di 2.000 calorie). E’ vero che di questa aliquota la maggior parte di grassi dovrebbe essere di origine vegetale ma comunque non c’è alcun problema per chi utilizza tutti i giorni del latte parzialmente scremato e un paio di volte a settimana una normale porzione di formaggio o di prosciutto”.
Cosa consiglia a coloro che hanno esigenze “particolari”, ad esempio di gusto, di salute, di chili superflui e via discorrendo?
“A coloro che centellinano le calorie per timore di ingrassare consiglierei di preferire i latticini ai formaggi stagionati e, come già accennato, di non usarli come pietanza più di un paio di volte a settimana, se non altro per alternarli con altre pietanze di origine animale (perciò più ricche di grassi saturi, come carne, uova) con “l’obbligo” cautelativo di mangiare due volte la settimana anche del pesce azzurro (ricco di grassi polinsaturi “essenziali”). Nessun problema per un normale consumo di latte parzialmente scremato”.
Nonostante i numerosi aspetti positivi, da qualche tempo anche il latte è soggetto a revisione. Secondo alcuni studi, se bevuto in grande quantità il latte potrebbe anticipare la comparsa di gravi malattie come il Parkinson, aumentare l'esordio di alcuni tumori, aggravare l'ulcera e l'osteoporosi invece che attenuarne i sintomi. Quanto c'è di vero in queste affermazioni?
“Non solo il latte, il burro, i formaggi e le altre fonti proteiche animali, inevitabilmente ricche di grassi saturi, sono state demonizzate oltre misura, pur di non ammettere che il danno principale deriva dalla sedentarietà forzata a cui ci costringe il lavoro e lo stile di vita tipico delle moderne città. Non è un caso che nell’anamnesi alimentare dei grandi longevi, magri e abituati al lavoro fisico, venga citato il consumo giornaliero di latte, yogurt e formaggi. Tuttavia, è più facile che i pazienti accettino delle proibizioni alimentari (talvolta non basate su evidenze scientifiche ma solo su pregiudizi) piuttosto che modificare lo stile di vita, come tutti i medici dovrebbero richiedere prioritariamente ai pazienti sedentari”.