“Tradurre i recenti progressi scientifici in reali risultati terapeutici per i pazienti con fibrillazione atriale sottoposti ad anticoagulazione è una delle sfide chiave per ricercatori e clinici impegnati nel settore cardiovascolare”. A indicare la strada prossima ventura della ricerca e della pratica clinica per il trattamento della fibrillazione atriale (FA) è il prof. José Luis Zamorano (Direttore dell’Istituto Cardiovascolare di Madrid), intervenuto al Congresso 2011 della Società Europea di Cardiologia in corso a Parigi.
“Edoxaban – ha ricordato Satoshi Kunitada, direttore del settore Sviluppo di Daiichi Sankyo a livello mondiale e scopritore della molecola – inibisce in modo specifico, reversibile e diretto il Fattore Xa, un fattore della coagulazione presente nel sangue. Il programma di sviluppo clinico globale di edoxaban, tuttora in corso, è focalizzato su indicazioni che comprendono la prevenzione dell’ictus e degli eventi embolici sistemici (SEE) nei pazienti con FA e il trattamento e la prevenzione delle VTE ricorrenti. Questo programma di sviluppo include lo studio ENGAGE AF-TIMI 48 (ad oggi il più grande studio randomizzato, in doppio cieco, multinazionale sulla FA con l’arruolamento di oltre 21.000 pazienti) e lo studio HOKUSAI VTE (il più grande studio singolo di Fase III, randomizzato, in doppio cieco, multinazionale, sul trattamento e la prevenzione della VTE ricorrenti)”. “La terapia anticoagulante ottimale richiede un delicato equilibrio – sottolinea il prof. Robert Giugliano, docente di Medicina alla Harvard Medical School di Boston – tra il risultato desiderato (prevenzione della trombosi) e i risultati indesiderati (sanguinamento maggiore). Nonostante la necessità di un dosaggio flessibile per soddisfare i bisogni del più ampio spettro di pazienti, i nuovi farmaci vengono spesso testati come singolo dosaggio scegliendo quello più efficace ed abbastanza tollerato. Edoxaban è l’unica molecola della nuova classe degli inibitori del Fattore Xa che viene studiata per la FA in due differenti dosaggi nell’ambito di ENGAGE AF-TIMI 48”. Lo studio è stato disegnato per consentire una specifica riduzione del dosaggio in qualunque momento a beneficio di quei pazienti potenzialmente esposti a un rischio specifico di sanguinamento. L’endpoint primario di efficacia di ENGAGE AF-TIMI 48 è l’outcome clinico composito costituito da ictus ed eventi embolici sistemici; l’endpoint primario di sicurezza è l’incidenza di sanguinamento maggiore e di sanguinamento non maggiore ma clinicamente rilevante. “L’auspicio – conclude Giugliano - è che il disegno unico di questo studio clinico possa rispondere al quesito sul come raggiungere un equilibrio ottimale tra efficacia e sicurezza per un ampio spettro di pazienti affetti da FA”.