Il nostro destino è proprio legato ai nostri geni così come li abbiamo ereditati? Modificando la funzione dei geni possiamo cambiare anche il destino dei nostri figli? Se siamo distratti o smemorati possiamo far sì che i nostri figli abbiano una memoria di ferro, se siamo affetti da diabete oppure siamo obesi possiamo evitare loro l’eventuale predisposizione a queste gravi malattie. Tutto grazie allo stile di vita che sapevamo essere importante, ma non certo in grado di modificare la funzione dei nostri geni. Ma attenzione, se possiamo influenzare i nostri codici genetici nel bene, ciò può avvenire anche nel male. Questo significa che comportamenti scorretti, o abusi subiti, possono favorire l’insorgere, anche nelle generazioni future, di alterazioni funzionali durature.
Questa rivoluzionaria scoperta, frutto di ricerche realizzate da alcuni scienziati americani e pubblicate su diverse prestigiose riviste scientifiche internazionali, è stata annunciata per la prima volta in Italia a Cagliari, nel corso del XVII Congresso SINPF, Società Italiana di Neuropsicofarmacologia.
“I risultati di queste ricerche rappresentano un importante progresso scientifico” – dichiara il professor Giovanni Biggio, Presidente della SINPF, Società Italiana di Neuropsicofarmacologia – “dato che dimostrano come sia possibile, con uno stile di vita, modificare la funzione dei nostri geni e di quelli delle generazioni future, quindi migliorare il loro stato di salute generale”. Le ricerche scientifiche alla base della scoperta. E’ stato il TIME, nel febbraio 2010, ad anticipare a livello mediatico queste conclusioni dell’epigenetica, la scienza che studia i codici genetici. Ma già nel 2009 il Journal of Neuroscience ha pubblicato una ricerca che dimostra come lo stile di vita possa migliorare la memoria nel corso delle generazioni. Alla base di questo risultato un esperimento condotto su un gruppo di topi con problemi di memoria che è stato esposto ad un ambiente ricco di stimoli visivi e di giocattoli. Sorprendentemente la prole di questi roditori è nata con un livello di memoria a lungo termine di gran lunga superiore a quella dei genitori, pur non essendo stata sottoposta agli stessi stimoli. Secondo uno studio pubblicato sull’ European Journal of Human Genetics e condotto dall’University College di Londra i comportamenti dei genitori influenzano la funzione di geni dei figli. Chi ha un padre che ha cominciato a fumare in età prepuberale vede aumentato di base il proprio indice di massa corporea rispetto ai coetanei, correndo quindi un rischio maggiore di diventare obesi da adulti. Gli oncologi della Duke University, in North Carolina, infine, hanno condotto un esperimento su alcune cavie di laboratorio riuscendo a dimostrare a loro volta che l’alimentazione può intervenire sulla mutazione dei geni: ad un gruppo di topi gravidi, geneticamente predisposto all’obesità, al diabete e ad un colore giallo del pelo, è stato somministrata una dieta ricca di vitamine del gruppo B.
Lo studio ha dimostrato che i cuccioli, nati poco dopo, erano perfettamente sani, con il pelo marrone e non predisposti né all’obesità né al diabete. Altri due studi riportati dal TIME confermano gli effetti dello stile di vita sui geni: i risultati di un lavoro, in particolare, indicano che i figli delle donne che durante la gravidanza non si sono alimentate correttamente potrebbero essere soggetti a problemi cardiaci o ad una morte precoce.
Una seconda ricerca, invece, dimostra che è possibile modificare l’aspetto esteriore delle generazioni future. Ad un campione di moscerini cui è stato somministrato un particolare farmaco che provoca escrescenze sugli occhi, infatti, l’effetto estetico si è manifestato anche sulle 13 generazioni successive che non erano venute a contatto con la sostanza. Uno studio condotto da Patrick O McGowan, l’ Epigenetic regulation of the glucorticoid receptor in human brain associates with childhood abuse, pubblicato nel marzo 2009 su Nature Neuroscience, ha dimostrato che i soggetti suicidatisi che nell’infanzia avevano subìto abusi sessuali e fisici mostrano l’alterazione di un gene ricettore dello stress. “E’ importante ricordare, però, che i cambiamenti epigenetici non sono permanenti” – conclude il professor Biggio – “perché l’epigenetica non è sinonimo di evoluzione. I cambiamenti epigenetici sono la risposta biologica allo stile e possono tornare alla loro programmazione originaria. C’è un limite a tutto, infatti, se da un lato possiamo modificare la funzione dei geni, la struttura del DNA rimane immutata.”