I parti cesarei, in costante aumento in Italia (nel 2007 hanno raggiunto il 38% delle nascite) portano il nostro Paese ai vertici (in negativo) della classifica europea. E con gli ospedali del Sud che sfiorano il 60%, toccando addirittura il 78% nelle strutture private. Nel dettaglio Campania (60,5%), Sicilia (52,4%), Molise (48,9%) e Puglia (47,7%). Al Nord la situazione migliora a partire da Friuli, Toscana e Lombardia, attestandosi tra il 24 e il 28%. Solo Bolzano (20%) si avvicina ai valori raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (15%) e del Ministero della Salute italiano (20%), confermando la tesi che il cesareo deve rappresentare l’eccezione e non la regola.
“Proprio per sensibilizzare gli ospedali anche a questo tema – spiega Francesca Merzagora, presidente dell’Osservatorio Nazionale sulla salute della donna – abbiamo inserito tra le caratteristiche che devono avere gli ospedali per ottenere i nostri “Bollini Rosa”, l’impegno a ridurre costantemente il numero dei parti cesarei fino ad avvicinarsi alla soglia del 20% prevista dal Ministero della Salute. Il nostro comitato scientifico, in partnership con il dipartimento di Salute Riproduttiva e Ricerca dell’OMS, ritiene infatti che il ricorso al cesareo sia consigliabile solo in caso di necessità clinica o in una situazione di emergenza nell’interesse del nascituro e della donna. Anche se oggi è più sicuro che in passato, rappresenta pur sempre un intervento chirurgico con un pericolo di morte materna di 2,84 volte maggiore rispetto a un parto vaginale.
“I numeri italiani – spiega Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica di Roma – sono il segnale di una patologia del sistema e – come ha già fatto notare il ministro Fazio – a forme di ‘non trasparenza’. Certamente indicano problemi strutturali, organizzativi, economici e di responsabilità medica. A partire dalle strutture che non garantiscono l’epidurale 24 ore su 24 e che preferiscono orientarsi verso il parto cesareo anche in assenza di reale necessità. Molti cesarei sono determinati da una eccessiva cautela da parte del medico, specialmente nei casi in cui la struttura sanitaria non è adeguata. Non tutti gli ospedali, infatti, possono fornire un elevato livello di sicurezza. Dato che la maggior parte delle strutture non tutela il medico in caso di complicazioni, questo preferisce evitare problemi legali ricorrendo direttamente al cesareo. E la donna opta per il cesareo per gli stessi motivi. La situazione, però, porta a delle conseguenze sia in termini di salute (dolore post-operatorio, ricorso al cesareo anche per i parti successivi) sia economici (degenza più lunga). Ci vorrà tempo per modificare questo malcostume, ma qualcuno si è già mosso, come l’Ospedale San Leonardo Castellamare di Stabia - Nuovo Gragnano, che ha ridotto il ricorso ai parti cesarei dal 60 al 19% a dimostrazione che anche al Sud, se si applicano le Linee Guida, il problema si può risolvere”.