Pubblicato su 'Nature' lo studio che svela il nome della cellula 'madre' del melanoma. La scoperta è merito dei ricercatori della Stanford University School of Medicine. L'esistenza di una cellula di questo tipo in questa forma aggressiva di tumore della pelle era stata a lungo dibattuta fra i ricercatori e la sua identificazione aiuta a spiegare perché attualmente le immunoterapie non hanno grande successo nel prevenire il ritorno della malattia nell'uomo, anche a distanza di anni dalle cure. "Queste cellule sono prive dei noti marker posti sulla superficie delle cellule 'classiche' di melanoma, bersagliati dai trattamenti oggi disponibili", spiega Alexander Boiko, primo autore della ricerca, condotta insieme a Irving Weissman. Senza conoscere e riuscire dunque a colpire le cellule che sono all'origine del melanoma, "il trattamento fallirà", nota Boiko. Secondo la teoria delle cellule staminali tumorali, all'origine del cancro ci sarebbe un 'pugno' di cellule 'madri' che si comportano un po' come le api regine in un alveare. Si tratta di super-cellule capaci di auto-rinnovarsi e differenziarsi, trasformandosi in altri tipi di cellule tumorali. Ecco perché può essere relativamente facile portare un paziente in remissione, ma molto difficile impedire che cellule 'madri' del tumore si 'risveglino' causando ricadute a distanza di mesi o anni, riflettono i ricercatori. Fino ad ora le cellule staminali tumorali erano state identificate in tumori del sangue, della vescica, del cervello, del seno e del colon. Ora il team ha identificato la cellula 'madre' del melanoma, studiando campioni prelevati a pazienti in trattamento allo Stanford Cancer Center. Il gruppo ha scoperto, in particolare, che una proteina (Cd271) è espressa in una frazione delle cellule dei campioni di melanoma umano testato. Si tratta di un marker che identifica un gruppo di cellule particolari: una popolazione di cellule multipotenti e migratorie capaci di trasformarsi in molti tipi di cellule differenti. Da test eseguiti sui topi, il team ha scoperto che proprio le cellule di melanoma che esprimevano sulla propria superficie la proteina nel mirino avevano la maggior probabilità di scatenare il tumore negli animali (questo accadeva nel 70% dei casi, contro il 7% delle cellule tumorali prive di Cd271). "I nostri risultati indicano che potrebbe essere più appropriato bersagliare le cellule che esprimono il Cd271", per colpire al cuore il melanoma, concludono i ricercatori.