Gli sperimentatori dello studio di Fase III TRITON-TIMI 38 hanno applicato il nuovo sistema di classificazione per la Definizione universale dell'infarto miocardico ai risultati dello studio e hanno dimostrato che i pazienti affetti da sindromi coronariche acute (SCA) sottoposti a intervento coronarico percutaneo (PCI) e trattati con prasugrel, rispetto a clopidogrel (Plavix®/Iscover®), hanno riportato un minor rischio di infarto miocardico indipendentemente dal tipo di infarto miocardico (correlato all'intervento o spontaneo), dalle dimensioni o dai tempi, su un periodo di 15 mesi. La nuova Definizione universale dell'infarto miocardico è stata sviluppata congiuntamente dalla Società Europea di Cardiologia, l’American College of Cardiology, l’American Heart Association e la World Heart Federation Task Force. Questa analisi a posteriori è stata pubblicata su Circulation giugno 2009.
In questa analisi post hoc, l'incidenza dell'infarto miocardico non procedurale in pazienti trattati con prasugrel è stata del 2,8%, rispetto al 3,7% di clopidogrel (p=0,0013). Il rischio di infarto miocardico correlato ad intervento è risultato del 4,9% nei pazienti trattati con prasugrel, rispetto al 6,4% dei pazienti trattati con clopidogrel (p=0,0002). Gli infarti miocardici non procedurali includevano quelli spontanei, che potevano essere distinti dagli infarti miocardici procedurali correlati all'intervento di angioplastica chiamato PCI, o alla trombosi da stent.
Gli sperimentatori hanno classificato 1.218 infarti miocardici che si sono verificati durante lo studio TRITON-TIMI 38 sulla base della Definizione universale dell’infarto miocardico. Questa definizione include un nuovo sistema di classificazione per definire diversi tipi di infarto del miocardio in base alle dimensioni e alla tipologia di infarto. Le tipologie di infarti miocardici valutate in questo studio secondo la definizione, prevedono:
·
Tipo 1: infarto miocardico
spontaneo provocato da un evento coronarico primario, come la rottura della
placca in una coronaria con conseguente riduzione del flusso sanguigno verso il
muscolo cardiaco
·
Tipo 2: infarto cardiaco
secondario dovuto ad un aumento della domanda o ad una diminuzione dell’apporto
di ossigeno a causa di altre condizioni patologiche come spasmo della coronaria
o carenza di ossigeno per anemia
·
Tipo 3: morte cardiaca
improvvisa con evidenza di infarto miocardico
·
Tipo 4: infarti miocardici
correlati a PCI
o
Tipo 4a: infarti miocardici
correlati all’intervento di PCI
o
Tipo 4b: infarti miocardici
correlati a trombosi da stent secondo documentazione angiografica o autoptica
·
Tipo 5: infarto miocardico
correlato a bypass aortocoronarico (CABG).
Gli sperimentatori hanno esaminato le dimensioni e i tempi di un nuovo infarto miocardico, e se l’infarto sia correlato o no ad un’elevazione del segmento ST sull’elettrocardiogramma (definiti rispettivamente come STEMI e NSTEMI).
I risultati dell’analisi hanno
dimostrato che:
· Il tasso di infarti miocardici spontanei (Tipo 1) è stato
del 2,5% nei pazienti in trattamento con prasugrel rispetto al 3,4% dei
pazienti in trattamento con clopidogrel (p=0,0015).
· L'incidenza degli infarti miocardici correlati a PCI (Tipo
4) è stata del 4,8% nei pazienti in trattamento con prasugrel rispetto al 6,4%
dei pazienti in trattamento con clopidogrel (p=0,0002).
· La maggior parte degli infarti miocardici spontanei si è
verificata dopo 30 giorni di trattamento, e il rischio di infarti miocardici
non procedurali durante la dose di mantenimento per l'intero periodo dello studio
di 15 mesi è stato del 2,3% nei pazienti in trattamento con prasugrel rispetto
al 3,1% dei pazienti trattati con clopidogrel (p=0,0069).
· Il trattamento con prasugrel ha ridotto i casi nuovi e
ricorrenti di infarto STEMI, una forma di infarto miocardico ad alto rischio,
(l’1,0% rispetto al 2,1%, p<0,0001) e NSTEMI (il 6,5% rispetto al 7,9%,
p=0,0024) rispetto a clopidogrel.