Le linee guida terapeutiche per aiutare i pazienti con diabete di tipo 2 a raggiungere il loro obiettivo per il colesterolo lipoproteico a bassa densità (“colesterolo cattivo” o C-LDL) non sono sufficientemente seguite. Lo afferma il 76 per cento dei diabetologi intervistati nell’ambito di una nuova indagine condotta da TNS – uno dei più importanti istituti di ricerca a livello mondiale – e sponsorizzata dalla partnership sul colesterolo Merck/Schering-Plough1. I risultati della ricerca presentata al meeting annuale della European Association for the Study of Diabetes (EASD 2007), che ha considerato le opinioni di oltre 700 diabetologi e cardiologi europei, hanno dimostrato che il 95 per cento di entrambi i gruppi è d’accordo o concorda pienamente che i pazienti con elevato C-LDL e diabete debbano essere considerati ad alto rischio cardiovascolare (CVD) e trattati di conseguenza. Malgrado ciò la maggior parte degli intervistati ritiene che i propri pazienti con iperlipidemia/ipercolesterolemia non raggiunga gli obiettivi per C-LDL. In particolare, il 68 per cento dei diabetologi stima che la maggior parte dei propri pazienti non abbia raggiunto gli obiettivi1. Interrogato a proposito delle opzioni terapeutiche, il 76 per cento dei diabetologi è convinto che nella pratica clinica quotidiana la monoterapia con statine per inibire la sintesi del colesterolo possa essere insufficiente a trattare la iperlipidemia/ ipercolesterolemia nei pazienti con diabete di tipo 2. Tuttavia, uno schiacciante 93 per cento è convinto che agire sull’assorbimento del colesterolo nell’intestino e sulla sua produzione nel fegato sia una strategia capace di ottenere una superiore riduzione del C-LDL rispetto alla sola inibizione della sintesi epatica1. Commentando i risultati di questa indagine, Michel Farnier, specialista in endocrinologia e disturbi metabolici alla Point Medical Clinic di Digione, ha affermato: «I pazienti con diabete sono esposti ad un rischio più elevato di patologia cardiovascolare, pertanto, è vitale controllare sia il C-LDL sia tutti gli altri fattori di rischio, in primo luogo l’emoglobina glicosilata (HbA1c). Purtroppo, i diabetologi di tutta Europa hanno espresso la loro preoccupazione relativamente al fatto che, nella pratica clinica quotidiana, i pazienti non raggiungano gli obiettivi per il C-LDL raccomandati dalle linee guida, rimanendo esposti a gravi complicazioni. In questi pazienti ad alto rischio la monoterapia con statine potrebbe non essere il trattamento più efficace e tollerato, e dall’indagine emerge chiaramente che i diabetologi sono convinti che trattamenti più innovativi, mirati su entrambe le fonti del colesterolo, potrebbero avere risultati migliori».