E' aumentato del 419 per cento il prezzo del pane negli ultimi venti anni nonostante quello del grano sia continuamente diminuito ed oggi risulti addirittura inferiore a quello pagato agli imprenditori agricoli nel 1985. E' quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che il livello dei prezzi in agricoltura non offre giustificazioni credibili agli aumenti annunciati in autunno per i derivati dei cereali come pane, pastasciutta, dolci e biscotti. Le statistiche dimostrano - sottolinea la Coldiretti - che nel tempo i prezzi del grano hanno avuto un andamento opposto a quello del pane e che mentre i primi diminuivano i secondi hanno continuato ad aumentare senza quindi alcuna correlazione con la materia prima. E non solo. Se secondo una analisi della Coldiretti per pane, pasta fresca e dolci il prezzo dal campo al consumo si moltiplica rispettivamente di 12, 20 e 70, il prezzo del latte fresco dalla stalla al consumatore passa da 0,33 a 1,40 euro con un aumento di oltre il 300 per cento. I rincari annunciati - continua la Coldiretti - rischiano peraltro di avere effetti negativi sui consumi domestici che sono già pesantemente calati dell' 8,8 per cento per il pane e del 5,4 per cento per la pasta di semola nel primo trimestre del 2007, rispetto allo scorso anno secondo i dati ismea - Ac Nielsen. Con un chilo di grano dal prezzo di circa 22 centesimi si riesce a produrre, con la trasformazione in farina e con l'aggiunta di acqua, un chilo di pane che viene venduto ai cittadini a valori di almeno dodici volte superiori e variabili da 2,7 euro al chilo per il pane comune a 5 euro e oltre per i pani più elaborati. Ma i rincari non trovano giustificazione neanche in una presunta mancanza di prodotto Made in Italy in quanto secondo l'ultima rilevazione Ismea la produzione di frumento duro nel 2007 in Italia - riferisce la Coldiretti - è aumentata rispetto allo scorso anno dello 0,9 per cento per 4,13 milioni di tonnellate, mentre per il grano tenero l'aumento è dello 0,6 per cento per una produzione di 3,23 milioni di tonnellate . Il rischio è che i rincari, oltre ad incidere sui consumi, servano - sostiene la Coldiretti - a coprire la volontà di aumentare le importazioni dall'estero di prodotti da spacciare come Made in Italy a fini speculativi in assenza di una adeguata informazione in etichetta. E preoccupazioni ci sono anche per gli effetti che gli allarmi possono avere nell'aggravare i già pesanti ritardi che si registrano in Italia nello sviluppo di energie alternative provenienti dalle coltivazioni agricole nazionali. Ad oggi non c'è in Italia neanche l'ombra di biocarburanti nei distributori nonostante gli obiettivi fissati dalla finanziaria, che prevede che i biocarburanti come il biodiesel o il bietanolo ottenuti dalle coltivazioni agricole debbano essere distribuiti in Italia nel 2007 in una quota minima dell'uno per cento di tutto il carburante (benzina e gasolio) immesso in consumo. Peraltro - conclude la Coldiretti - u tilizzare le coltivazioni agricole europee per produrre energia pulita come i biocarburanti non provoca nessun rincaro dei prezzi al consumi degli alimenti e contribuisce al contenimento dell'inquinamento ambientale nel rispetto degli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto per ridurre i gas a effetto serra e contrastare i cambiamenti climatici, secondo lo studio della Commissione Europea sull' “impatto sui mercati alimentari e non alimentari dell'UE e sul mercato mondiale dell'applicazione dell'obiettivo minimo del 10 per cento di biocarburanti nel consumo totale di carburanti nel settore trasporti in Europa per il 2020” .