Il rilancio della pastorizia può consentire la riduzione delle biomasse che fanno da esca per i roghi estivi. Lo sostiene una ricerca dell’Ispaam-Cnr di Sassari, che promuove un nuovo rapporto con il territorio come strumento di prevenzione
Pascoli per creare cinture ‘tagliafuoco’ e riforestare i terreni diminuendo il rischio di incendi. La proposta, che arriva da una ricerca dell’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (Ispaam) del Consiglio nazionale delle ricerche di Sassari, appare particolarmente interessante in un momento nel quale l’attenzione sul problema dei roghi è ancora molto alta, talvolta attribuendo alla pastorizia un ruolo di ‘imputata’ nel fenomeno anziché quello, che pure può svolgere, di presidio del territorio.
“La genesi e l’evoluzione degli incendi estivi segue un percorso codificato, nei casi tanto di dolo (la quasi totalità) che accidentali” spiega Claudio Porqueddu, ricercatore dell’Ispaam-Cnr. “L’iter che dalla fiammella iniziale porta a fiamme di metri di altezza segue queste tappe: dai residui secchi della vegetazione erbacea, poi agli arbusti, quindi alla parte basale della chioma delle formazioni forestali, fino all’intera chioma e alla sovrachioma. Per ipotizzare un controllo preventivo degli incendi è pertanto necessario seguire questa catena, eliminando o almeno riducendo l’esca costituita da biomasse vegetali erbacee o arbustive come cisto e rovi, le cui biomasse disidratate sono di rapida e facile combustione”.
L’Unità di ricerca di Sassari dell’Ispaam-Cnr ha condotto di recente due interventi silvopastorali sperimentali, in collaborazione con l’Ente Foreste della Sardegna, al fine di valutare tecniche preventive antincendio a bassi input di gestione, in una fascia taglia fuoco ed in un’area di riforestazione. Le ricerche, finanziate dal Mibaf e proseguite nell’ambito del Progetto Pastomed, fanno parte di un programma di studi riguardante le problematiche del pastoralismo nelle regioni mediterranee europee per una modernizzazione dell’attività nel ruolo di gestori del territorio.
“Nella prima esperienza, la sovrasemina di specie ad elevata rapidità di insediamento e a basso indice di infiammabilità, come il Lolium rigidum, una graminacea, e la Medicago polymorpha, una leguminosa, associata con una corretta pressione animale al pascolo mediante pascolamenti stagionali di greggi di pecore, ha garantito la costituzione di fasce inerbite a basso rischio di incendi proprio grazie al controllo della biomassa combustibile ottenuto con le asportazioni degli animali”, spiega Antonello Franca dell’Ispaam-Cnr. “Nel secondo caso, in un’area di riforestazione è stata osservata l’influenza di quattro tipologie di gestione silvopastorale sulla regolazione dell’equilibrio fra la crescita di giovani piante protette di quercia e quella dei più aggressivi arbusti spontanei. Il miglioramento del pascolo (mediante una modesta fertilizzazione fosfo-azotata e la sovrasemina di miscugli di specie da pascolo mediterranee), insieme ad un leggero carico animale al pascolo (circa 3,5 pecore per ettaro per giorno), ha consentito una corretta gestione della vegetazione e la riduzione delle arbustive non pabulari, cioè non consumate dagli animali, in particolare del rovo (-70%) e del cisto (-40%) che sono tra le prime a ricolonizzare le aree bruciate”.
“Il problema degli incendi”, afferma Porqueddu, “è molto complesso in quanto risultato di aspetti socio-culturali, economici ed ambientali e vi è la necessità di agire su più fronti: nel campo dell’educazione, dell’informazione e della prevenzione. Tuttavia la strategia prevalente resta quella della lotta diretta nella stagione estiva, mentre limitatissima risulta la prevenzione che presuppone interventi di gestione del territorio rurale nel lungo periodo. Negli ultimi decenni l’abbandono delle attività agro-pastorali e conseguente riduzione del patrimonio zootecnico in vaste aree del territorio nazionale ha elevato enormemente il quantitativo di residui secchi di biomassa”.
L’Unità dell’Ispaam-Cnr è inoltre impegnata nella messa a punto di tecniche agronomiche per migliorare la sostenibilità delle aziende agro-silvopastorali e potenziarne il ruolo multi-funzionale (Progetto Ue-Peermed). Una delle linee di studio riguarda il monitoraggio e gestione quanti-qualitativa delle produzioni erbacee in ambiti silvo-pastorali per una corretta regimazione dei carichi animali (Progetto Vegetazio). Sono attivi programmi di valorizzazione e moltiplicazione del germoplasma locale al fine di impiegare specie erbacee autoctone per l’inerbimento delle fasce taglia fuoco e per il recupero di aree post-incendio.