Sono circolate alcune notizie in riferimento alla presunta mortalità conseguente all’ondata di calore dello scorso mese di giugno. Il Ministero della Salute non si trova d'accordo, precisando che:
1. Il sistema nazionale di allarme per la prevenzione degli effetti sulla salute delle ondate di calore che fornisce periodicamente dati sugli indici di mortalità durante l’estate, è disegnato per fornire allarmi e non per dimostrare associazione tra calore e morte, pertanto i decessi in eccesso osservati sono da considerarsi sempre probabilmente associati ad altri fattori di rischio della persona.
2. Nonostante l’ondata di calore di quest’anno sia stata imponente, simile a quelle avvenute nel 2003, quando si stimarono 20 mila morti in eccesso durante le ondate di calore, l’eccesso di mortalità osservato oggi appare in realtà molto modesto, mentre appare evidente che città colpite dall’ondata di calore hanno contenuto di molto il rischio salute, evitando anomalie nei dati di mortalità o addirittura azzerandole.
3. In questo caso il periodo esaminato è stato quello concomitante con l’ondata di calore dal 19 al 30 giugno scorso.
4. In questo periodo sono state registrate alcune variazioni della mortalità, sempre da associarsi a concause (quali: malattie croniche, età avanzata e probabile condizione di disagio economico), solo in 4 delle 32 città monitorate, con la conseguenza di 30 morti in più rispetto alla media della mortalità standard a Bari (variazione stimata pari al 51%), 24 a Catania (variazione stimata 35%), 28 a Palermo (variazione stimata 22%) e 47 a Napoli (variazione stimata 21%).
5. Di contro, nello stesso periodo, sono state osservate variazioni di mortalità addirittura in senso negativo o neutro (cioè meno morti o variazioni minime) in tutte le altre città sotto osservazione, comprese metropoli come Roma, particolarmente a rischio per le ondate di calore.
6. In conclusione è errato parlare genericamente di un aumento della mortalità per il caldo. E questo vale anche per le quattro città con indici di variazione tra il 20 e il 50%. Tali indici non vanno infatti assolutamente considerati come indice assoluto di aumento della mortalità per il caldo ma come meri indicatori di allarme ai fini di maggiori verifiche sugli strumenti di aiuto e prevenzione.